Ci sono storie che si incastrano alla perfezione, ancora prima di incrociarsi. Che costruiscono reti robuste contro le mafie senza darselo come scopo principale, ma avendone piena consapevolezza. Che agiscono sui giovani e sulle loro famiglie – fuori dai pregiudizi e dagli stereotipi – che leggono dentro il disagio sociale e spezzano le solitudini. Ci sono poi i luoghi dove queste storie si materializzano, e non sono tutti uguali. Perché alcuni, negli anni e con responsabilità diffuse, hanno accomulato un credito di cura enorme e sanabile.
Rientrano appieno nella categoria degli spazi pubblici troppo a lungo cavalcati dall’indifferenza, il Liceo Linguistico Ninni Cassarà dove in questi giorni ha fatto tappa il progetto S.O.S. Scuola, e il quartiere Zen 2 (denominato poi ‘San Filippo Neri’) di Palermo dove l’associazione di volontariato ‘Laboratorio ZEN Insieme’ (nata nel 1988) per prima ha deciso di mettere piede e dove ora cerca di riaprire uno spazio che a lungo è stato irrinunciabile per il territorio.
“Abbiamo deciso di dare il nostro contributo al restyling del Liceo Cassarà, facendo ciò che solitamente facciamo nel nostro quartiere, attraverso delle attività di animazione per i tanti bambini del quartiere che ogni mattina popolano il liceo palermitano, attirati anch’essi da questa nuova, bella e straordinaria esperienza” racconta Mariangela Di Gangi del Laboratorio Zen Insieme. Nel “curriculum” del Laboratorio Zen Insieme, infatti, ci sono percorsi innovativi nel campo della prevenzione e della lotta alla mentalità mafiosa, azioni che tendono alla rimozione delle cause del disagio e al superamento delle varie forme di marginalità. Progetti che coinvolgono tutte le realtà del quartiere, con particolare attenzione agli adolescenti e alle loro famiglie, per contribuire alla crescita democratica degli abitanti, coinvolgendoli nel recupero ambientale e nella regolarizzazione della loro posizione abitativa.
Anche il Laboratorio Zen Insieme ha un luogo fisico di cui prendersi cura, proprio come S.O.S. Scuola. Uno spazio che da cinque anni è chiuso. La gestione gli venne affidata negli anni ’90, fu ristrutturato grazie ai fondi reperiti con una Partita del Cuore e messo a disposizione degli abitanti. Così il Centro Sociale “Giovanni Vitale” (questo è il nome scelto dagli utenti per il centro, in memoria di un loro coetaneo che si era suicidato in carcere) è riuscito ad essere più che un asilo (come lo voleva il progetto iniziale): ha ospitato doposcuola e corsi per il conseguimento della licenza media, una sartoria in cui le donne del quartiere hanno prodotto delle borse artigianali, e ancora laboratori di danza, musica, recitazione, ceramica, arti circensi e molto altro. Un asilo “sui generis” in cui le madri dei piccoli utenti si prendevano cura anche dei figli delle donne impegnate nei lavori della sartoria.
A causarne la chiusura, una pastoia burocratica, una querelle con l’amministrazione comunale che si è protratta troppo a lungo, mettendo il centro in condizioni di essere oggetto di numerose effrazioni e furti. “Benché l’associazione non abbia mai fermato le proprie attività, oggi ci prepariamo a riaprire le porte di quel posto tanto importante per le attività dell’associazione, quanto caro agli abitanti del quartiere, che ne chiedono continuamente la riapertura – dice Mariangela – ecco perché l’esperienza di Sos Scuola ha attirato subito la nostra attenzione. Perché noi non siamo una scuola, ma stiamo provando a fare, in piccolo, la stessa cosa col nostro centro: restituire alla collettività un bene comune, coinvolgendola durante la fase del ripristino, in modo che tutti sentano proprio quel posto ed imparino a difenderlo e rispettarlo”.